I responsabili del programma JSF F-35 (il Joint Program Office) e l’azienda produttrice Lockheed Martin dichiarano che il costo unitario medio di questi aerei continua a diminuire e presto scenderà sotto la soglia dei 100 milioni di dollari a velivolo. Un dato definitivamente smentito dal Selected Acquisition Report 2016 del Pentagono recentemente trasmesso al Congresso americano mostra che il costo medio di ogni F-35 continua invece a crescere (+7% nell’ultimo anno) e ha raggiunto i 164,6 milioni di dollari, vale a dire 142,5 milioni di euro. Attenzione: si parla sempre di costi di acquisizione, quindi al netto dei costi di upgrade e retrofit, con i quali la cifra raggiunge i 194 milioni di dollari ad aereo, circa 168 milioni di euro. Per i novanta F-35 che l’Italia vuole acquistare si tratterebbe quindi di un costo complessivo di acquisizione che salirebbe dai 10,4 miliardi previsti a oltre 15 miliardi, portando il costo totale del programma a quasi 19 miliardi invece dei 14 ufficiali.

 

Negli ultimi giorni è stato definitivamente smontato anche uno dei principali cavalli di battaglia della propaganda pro-F35 della Difesa italiana, quello delle ricadute occupazionali del programma nel nostro Paese, ovvero i famosi 6.400 posti di lavoro ripetuti da anni in tutti i documenti ufficiali e le dichiarazioni pubbliche della Difesa.
Come si legge nella relazione della Corte dei Conti sul rendiconto generale dello Stato 2016, pubblicata il 27 giugno, “la stima dei ritorni occupazionali generati da parte dell’Industria inizialmente pari a 10.000 e poi, in seguito alla riduzione dei velivoli, a 6.400 posti di lavoro è ritenuta realisticamente realizzabile in 3.586 unità, anche sulla base dell’aggiornamento di Leonardo–DV di febbraio 2017″.