Articolo pubblicato su Città Nuova il 17 novembre 2017

DI MASSIMO PERCOSSI

La vera informazione deve essere rigorosa, a partire dalla correttezza dei dati e dei numeri. Da questa esigenza è nato l’Osservatorio Milex promosso dal Movimento Nonviolento e Rete italiana disarmo dedicato allo studio delle spese pubbliche del settore Difesa in Italia.

L’ultimo rapporto sulle spese militari italiane segnala, per il 2018, un aumento di fondi per l’acquisto di nuovi armamenti (+10%) e un taglio ai finanziamenti per la sicurezza interna (-5%). L’ammontare complessivo, nel nuovo anno, aumenterà a 25 miliardi di euro.

Dopo aver superato il vaglio della Ragioneria di Stato, il disegno di legge di bilancio 2018 è approdato a Palazzo Madama. Il Senato sarà impegnato nella sessione di bilancio fino a sabato 25 novembre, data in cui il provvedimento sarà sottoposto all’esame dell’Aula. Commentando i dati provvisori contenuti nel disegno di legge presentato in Parlamento, Francesco Vignarca, coordinatore della Rete italiana per il Disarmo (Rid), ha riferito così al quotidiano Avvenire: «Il puro budget del ministero della Difesa passa in un anno da 20,3 miliardi a quasi 21 miliardi (+3,4%) rafforzando la recente tendenza di crescita (+8% rispetto al 2015). In particolare, crescono del 10% i fondi ministeriali per l’acquisto (e manutenzione) di nuovi armamenti mentre diminuiscono del 5% i capitoli per la sicurezza interna garantita dall’Arma dei Carabinieri».

Secondo l’osservatorio Milex, che opera un monitoraggio sulle spese militari, da una prima analisi degli allegati tecnici al disegno di legge emerge che: «La spesa per il personale di Esercito, Marina e Aeronautica rimane stabile a 9,8 miliardi nonostante la riduzione degli organici dettata dalla Riforma Di Paola, a causa degli aumenti stipendiali per gli ufficiali superiori previsti dal recente riordino delle carriere».

Se si considerano poi le voci di spesa militare extra-bilancio cioè i fondi stanziati da altri ministeri o enti pubblici, si può osservare che l’ammontare complessivo delle spese militari italiane nel 2018 aumenta in realtà a 25 miliardi: un miliardo in più rispetto al 2017 (+4%). Oltre ai fondi stanziati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze per sostenere le missioni militari all’estero (circa 1,3 miliardi) e al mezzo miliardo di euro per il mantenimento delle basi USA in Italia, erogato dal Ministero degli esteri, spicca un dato rilevante: «3,5 miliardi (+5% rispetto al 2017) di contributi del Ministero dello Sviluppo Economico (Mise) per l’acquisizione di nuovi armamenti made in Italy».

Il prevalente comparto militare industriale

Secondo l’osservatorio Milex, dunque, il 71,5% dei fondi pubblici stanziati dal Mise a sostegno delle imprese italiane è destinato al comparto militare industriale. Simili scelte in materia di politica industriale apparirebbero in conflitto con disposizioni costituzionali come l’art. 11 della Carta repubblicana. Dei complessivi 5,7 miliardi che il prossimo anno verranno utilizzati per l’acquisto o la produzione di nuovi armamenti, secondo l’osservatorio Milex: «Oltre 700 milioni di euro sono stanziati per l’acquisto di altri 3 o 4 bombardieri F-35; 300 milioni per la nuova portaerei Thaon de Revel, dal costo di 1,2 miliardi e quasi 400 milioni per i nuovi pattugliatori d’altura; un centinaio di milioni per l’avvio dei programmi di acquisizione di 350 nuovi carri Ariete e Centauro (oltre 2 miliardi il costo totale) e di 2 mila nuovi blindati Lince (un miliardo il costo complessivo)».

Secondo Enrico Piovesana, coautore, con Vignarca, del Rapporto Annuale sulle Spese Militari pubblicato nel 2017, i carri Centauro 2 si andranno a sommare ai nuovi blindati da combattimento Freccia, nonché ai carri armati Ariete e Leopard e ai carri Dardo. Messi assieme costituiranno: «Una forza corazzata sovradimensionata rispetto alle esigenze operative nazionali che, infatti, risponde ad esigenze di natura diversa, industriale e commerciale».

Lo strano caso della Grecia  

Al riguardo, nel documento relativo al programma sui Centauro 2 presentato al Parlamento nel 2016, la stessa ministra Pinotti scriveva: «La produzione estensiva di sistemi per il cliente nazionale è il prerequisito di referenza indispensabile ad ogni opportunità di vendita all’estero». Tradotto: la logica che regola il mercato internazionale condiziona sempre di più l’agenda politica in materia di difesa.

In un simile contesto non può essere sottovalutata l’influenza sulla democrazia del complesso militare industriale come denunciava il presidente Eisenhower nel 1961.

Il caso della Grecia deve far riflettere: un Paese a cui la Banca Centrale Europea ha imposto tagli alla sanità, alle pensioni e ai sussidi sociali per far fronte al debito pubblico, in cui la mortalità infantile è aumentata del 40%, allo stesso tempo può vantare una spesa militare pari al 2% del Pil, più della Germania (1,2%) o del Canada (1%).