Articolo pubblicato su Sputniknews il 9 giugno 2017
DI TATIANA SANTI
Le spese militari dell’Italia sono in continuo aumento, ma al di là delle cifre impressionanti, un problema da porsi riguarda anche come si investe. Mentre la trasparenza da parte del governo in merito alla Difesa scarseggia, l’Italia spende molto e male. Ecco perché.
La NATO pretende dagli Stati membri di sborsare ancora più denari per la Difesa raggiungendo il 2%, ma l’Italia, secondo i dati del rapporto annuale presentato dall’Osservatorio MIL€X, spende già oltre 23 miliardi di euro all’anno, pari a 64 milioni al giorno.
— Enrico, quanto spende l’Italia ogni anno per la Difesa in base ai dati disponibili?
— Dall’elaborazione dei pochi dati chiari che si hanno la Difesa in Italia costa oltre 23 miliardi di euro all’anno, quindi parliamo di una cifra molto elevata, circa 63 milioni di euro al giorno.
— Come sappiamo la NATO chiede agli Stati membri di spendere ancora di più per arrivare al 2% del Pil. Quest’anno quindi l’Italia aumenterà nuovamente le spese militari, giusto?
— Va ricordato che questa richiesta è un accordo politico informale e non è assolutamente vincolante, anche se questa cosa viene raramente sottolineata dalla stampa. È una richiesta che non ha un valore cogente fino a quando il Parlamento nazionale non avrà approvato effettivamente questo aumento di spesa militare per arrivare al 2%. Per adesso si tratta quindi di una semplice indicazioni politica che dovrebbe portare in teoria a quest’aumento, ma è molto difficile che venga portata avanti in tempi brevi, perché la maggior parte dei Paesi europei è molto lontana dal 2%. L’Italia per la verità dai dati che si hanno è già all’1,4%, la Germania è all’1,2%, come la Spagna e l’Olanda. Ci sono Paesi come il Canada all’1%. Si tratterebbe perciò di un aumento gigantesco.
— Al di là delle cifre, questi soldi vengono spesi in modo efficiente secondo lei? Fa molto discutere per esempio l’acquisto dei famosi F-35…
— Questo è il tema più importante, perché il criterio quantitativo dello spendere di più portato avanti dalla NATO e gli Stati Uniti è assolutamente controproducente. Abbiamo una Grecia che spende ben oltre il 2% del Pil con cui la NATO si complimenta e sappiamo bene in quale situazione economica si trovi la Grecia. Il problema è proprio come vengono spesi i soldi per la Difesa e nel caso italiano ci sono dei grossi squilibri. La grandissima parte del budget, il 60% circa, cioè 12 miliardi di euro all’anno, è destinata al personale. C’è un numero eccessivo del personale, soprattutto per quanto riguarda gli ufficiali, i sottoufficiali, che sono più numerosi della truppa. È un’assurdità logica e operativa.
— Che cosa ci può dire sull’acquisto di armamenti?
— È un’altra spesa squilibrata italiana, parliamo del 28% del totale, che è superiore addirittura alla media europea che sta al 20% e degli Stati Uniti al 25%. Questo avviene perché si comprano tantissimi armamenti a partire dagli F-35, che costano 14 miliardi senza pensare ai costi successivi necessari per la loro manutenzione. Possiamo citare anche la nuova flotta navale, circa 5,4 miliardi di euro o gli 800 nuovi carri armati per oltre 5 miliardi che si stanno già acquistando.
Sono tutti armamenti in quantità e qualità tali da non rispondere alle esigenze operative, ma per rispondere agli interessi delle lobby industriali militari straniere, nel caso degli F-35 quindi delle Lockheed Martin e BAE Systems. Poi abbiamo le lobby industriali nazionali come Leonardo, Iveco e Fincantieri, produttori di armamenti soprattutto per la Marina e l’Esercito. Si tratta di uno sproposito di armi in assenza della capacità di sostenerle dal punto di vista operativo, perché si investe poco nell’esercizio. Sono armi destinate ad essere cannibalizzate per i pezzi di ricambio ed essere abbandonate nei depositi, rarissimamente utilizzate all’estero. Parliamo quindi di grossi squilibri ai quali si aggiungono spese enormi di 5,3 miliardi di euro all’anno in armamenti tradizionali. Vediamo poi una spesa quasi nulla per quanto riguarda la cyber Difesa, che è il futuro, se vogliamo, della Difesa in tutti i Paesi industrializzati.
— Bisognerebbe investire di più nella sicurezza informatica visto anche il contesto attuale quando non si fa che parlare di hacker?
— Fa ridere spendere miliardi per comprare degli aerei e dei carri armati e poi non spendere nulla per proteggere i loro sistemi informatici dall’attacco di un hacker, che potrebbe mettere a terra un F-35 senza colpo ferire. È come comprare una bellissima villa e poi non metterci neanche una porta, lasciando aperto il passaggio a tutti. È una cosa che non ha senso. È strategicamente assurdo.
— L’Italia partecipa a diverse missioni NATO, inviando i propri soldati ai confini con la Russia. Possiamo dire che l’Italia partecipa e spende soldi in missioni antirusse?
— Purtroppo l’Italia è molto sollecita nel correre lì dove la NATO dice di andare, non ha un potere politico tale per opporsi alle decisioni dell’Alleanza Atlantica. L’Italia ha sempre la volontà di primeggiare laddove viene chiesto un contributo. Il problema non è tanto dell’Italia, che a livello di governo non è assolutamente in contrasto con la Russia e l’ha dimostrato più volte cercando di ammorbidire la questione delle sanzioni. Il problema è nella NATO che è orientata aggressivamente nei confronti della Russia. In questo senso l’Italia mostra una doppia faccia: a livello economico commerciale è una delle nazioni NATO più morbide per rapporto alla Russia, poi però quando viene chiamata a mandare truppe nei Paesi Baltici in funzione antirussa ci va.
— Quanta trasparenza c’è da parte del governo per quanto riguarda le spese militari?
— C’è molta poca trasparenza, tanto che gli stessi parlamentari hanno difficoltà a capire quali sono le spese militari. Innanzitutto il budget delle spese militari non coincide con quello ufficiale del Ministero della Difesa. Solamente il comparto degli armamenti è per oltre la metà finanziato dal Ministero dello Sviluppo economico. Questo ministero potrebbe tranquillamente chiamarsi dello Sviluppo militare. Poi c’è il Ministero dell’Economia e delle Finanze che finanzia annualmente con oltre 1 miliardo di euro le missioni all’estero. Vi sono inoltre spese di altri enti non conteggiati nel bilancio della Difesa, dati che non sono forniti in maniera chiara dalla Difesa. Per legge ogni anno la Difesa dovrebbe presentare subito dopo l’approvazione del bilancio annuale il programma di armamenti che va ad acquistare, un programma in teoria preautorizzato dal Parlamento. Ogni anno questa cosa non succede in tempo, anche ora siamo già in ritardo di mesi e mesi. Il Parlamento ogni anno firma delle cambiali in bianco praticamente di miliardi di euro per finanziare dei progetti, la Difesa dovrebbe circostanziare queste spese, ma non lo fa e questo dimostra la poca trasparenza anche nei confronti del Parlamento.
— Avete deciso di fondare l’Osservatorio MIL€X per fare chiarezza su questo tema?
— L’Osservatorio MIL€X è nato proprio con lo scopo di fare quello che non viene fatto: monitorare con precisione e rigore scientifico le spese militari del nostro Paese. In altri Paesi esistono organismi istituzionali che lo fanno, in Italia questo non avviene. Senza lasciarsi influenzare da tematiche politiche o ideologiche, vogliamo essere obiettivi e fornire semplicemente i numeri, che sono importanti. In percentuali di spese NATO il governo sostiene che l’Italia spende l’1,1%, quando in realtà spende l’1,4 se non l’1,5%. Il nostro progetto è nato per produrre un rapporto annuale di spese militari e per monitorare costantemente le spese.
— I cittadini saranno curiosi di sapere come vengono investiti i soldi nella Difesa e la maggioranza degli italiani è contraria ad un aumento delle spese militari, no?
— Tutti i sondaggi condotti negli anni scorsi hanno dimostrato chiaramente che le spese da tagliare secondo la stragrande maggioranza dei cittadini sono quelle militari. È un tema molto delicato quando poi si va a parlare di campagne securitarie e minaccia terroristica, senza capire che non è certo aumentando la spesa militare che ci si difende dal terrorismo, bensì con l’intelligence. Spendendo più soldi in armamenti, missioni all’estero e facendo guerre si rischia solo di fomentare il fenomeno terrorismo. È un discorso politicamente molto delicato.