Una prima valutazione (che per diventare definitiva e precisa necessita ancora di dati e informazioni che verranno pubblicate nei prossimi mesi) della spesa militare italiana complessiva prevista per il 2019, secondo quanto prevede la Legge di Bilancio votata dal Parlamento.
Per arrivare a una valutazione preliminare della spesa militare italiana prevista per il 2019, sulla base dell’attuale Disegno di Legge di Bilancio e gli allegati tecnici che devono ancora passare il vaglio del Parlamento, è opportuno partire dal budget di base del Ministero della Difesa.
A tal proposito, si registra un aumento netto rispetto alla Legge di Bilancio relativa al 2018 (l’unico dato per cui ha senso fare una valutazione comparativa) di circa mezzo miliardo: da poco meno di 21 miliardi a 21.426 milioni di euro. Si tratta di un aumento di 460 milioni, pari a circa il 2% in più rispetto all’anno precedente. All’interno del budget previsionale la parte principale è svolta come sempre dalla spesa corrente, in particolare per la funzione di difesa e sicurezza del territorio, che da sola vale 19,7 miliardi di euro. Per l’approntamento delle tre Forze Armate (Esercito, Marina e Aeronautica) si prevede un costo di poco superiore ai 10 miliardi, mentre è di 6,4 miliardi l’impegno per l’approntamento e impiego dei Carabinieri, esclusi quelli che si occupano di tutela ambientale (gli ex Forestali), che impattano per 467 milioni.
Le spese in conto capitale, cioè concretamente la parte del bilancio proprio della Difesa destinata all’acquisto di nuovi sistemi d’arma, supera di poco i 2 miliardi di euro, lasciando quindi al cosiddetto “esercizio” una cifra di circa 1,5 miliardi (senza dimenticare i 340 milioni destinati al trattamento pensionistico di ausiliaria). Queste cifre “proprie” della Difesa non costituiscono tuttavia la reale spesa militare italiana, che per essere conteggiata richiede di tenere in considerazione opportune aggiunte e sottrazioni. A tal fine utilizziamo la metodologia dell’Osservatorio Mil€x, che risulta ben consolidata e affidabile.
Ricalcolando in questo modo le cifre, otteniamo una spesa militare complessiva di circa 25 miliardi, in linea con quella stimata per l’anno scorso. Un dato che si si ottiene in particolare aggiungendo al Bilancio della Difesa gli stanziamenti del Ministero per lo Sviluppo economico (Mise) per l’acquisto di nuovi armamenti (3,1 miliardi), i costi per le missioni militari all’estero (997,2 milioni già previsti e stanziati nella Legge di Bilancio, ma che come per il passato recente copriranno solo i primi nove mesi del 2019, per cui occorre considerare un totale di circa 1.350 milioni), le stime possibili allo stato attuale sui costi pensionistici del personale militare a riposo e infine i costi delle basi statunitensi sul nostro territorio e dei contributi per la Nato. Vanno invece sottratti i costi non militari del Bilancio della Difesa, fondamentalmente riguardanti i Carabinieri in funzione di polizia (come per gli altri anni si opera un dimezzamento secco dietro indicazione esplicita ricevuta in tal senso dalla Difesa) e i Carabinieri in funzione forestale.
Come già accennato, la cifra complessiva (comunque da confermare e dettagliare meglio dopo il passaggio parlamentare) comporterebbe una sostanziale invarianza rispetto al 2018: a compensare infatti il registrato aumento del budget di base del Ministero della Difesa interviene una diminuzione, al netto di ulteriori dettagli ancora da verificare per i capitoli Mise, proprio dei fondi per nuovi armamenti a carico del Ministero per lo Sviluppo economico (oltre che ricalcoli proporzionali dovuti alla metodologia).
Questa stasi della spesa militare italiana proiettata sul 2019, che blocca un trend di crescita evidenziato negli ultimi anni, è dovuta a una diminuzione rispetto alle previsioni di Bilancio a legislazione vigente che avrebbero invece comportato un aumento complessivo ulteriore di circa 370 milioni di euro. Tale flessione viene definita nell’articolato delle cosiddette Sezioni I e II della Legge di Bilancio (che dettagliano gli interventi di modifica dei capitoli di spesa) come derivante da “tagli” nudi e crudi, che sono in realtà per la gran parte semplici rimodulazioni di spesa: diminuzioni sul 2019 compensate da aumenti automatici per gli anni fiscali successivi.
Per quanto riguarda il Bilancio proprio della Difesa, la flessione prevista rispetto alla legislazione vigente è di circa 250 milioni di euro, di cui però solo 85 sono diminuzioni strutturali che rimarranno, mentre circa 170 sono spostamenti che già rientreranno nelle disponibilità del Ministero per il 2020. Questi ultimi fondi si riferiscono in particolare ai programmi di acquisizione dell’Eurofighter e delle fregate Fremm.
Lo stesso avviene per i fondi di acquisizione armamenti iscritti nei capitolo del Ministero per lo Sviluppo economico, che vedono 78 milioni in diminuzione per il bilancio 2019 (e 140 per i due anni successivi), i quali però rientreranno sui programmi già citati a partire dal 2025. Sono invece di complessivi 40 milioni le riduzioni sui fondi Mise per le fregate Fremm, che saranno tuttavia ripristinati già nel 2020.
Sembra dunque che i tagli previsti dall’articolato non siano in realtà così sostanziali come appare leggendo i testi della Legge di Bilancio. In particolare, i previsti 531 milioni di tagli pluriennali reali che intervengono sul Fondo per gli investimenti creato dai precedenti Governi (non quindi le rimodulazioni orizzontali sopra descritte) gravano sul 2019 per soli 25 milioni, mentre quasi tutto il taglio viene procrastinato a partire dal lontano 2027 (e solo il 15% di quei 531 milioni viene tagliato nel triennio 2019-2021). Quindi, nel complesso i numeri – più che prevedere una sforbiciata – attivano semplicemente un freno temporaneo alla spesa militare (in particolare quella in conto capitale, visto che la parte sugli stipendi non viene toccata), con una risalita importante già a partire dall’anno prossimo se non dovessero intervenire ulteriori e successive decisioni