Articolo apparso su Money.it il 30 marzo 2018
L’autorizzazione – a Camere sciolte – della missione internazionale in Niger fa discutere; e se queste spedizioni fossero necessarie per mandare avanti l’intero sistema militare italiano?
Solo nel 2018 l’Italia ha speso 1,5 miliardi di euro per le missioni all’estero, per un totale di 25 miliardi di euro necessari per mandare avanti l’intero comparto militare.
L’ultima missione è stata autorizzata da Forza Italia e Partito Democratico ad inizio gennaio, nonostante le Camere fossero già state sciolte dal Presidente della Repubblica; una missione in Niger, con l’obiettivo di combattere terrorismo e traffico di esseri umani.
Tuttavia, secondo quanto riportato da The Vision, il motivo alla base di questa e di tutte le altre missioni internazionali dell’esercito italiano sarebbe un altro: finanziare l’intero sistema militare. Un’affermazione supportata dall’osservatorio sulle spese militari italiane – il Milex – che tramite il suo curatore Francesco Vignarca ha confermato che “senza i fondi per le missioni all’estero, non starebbe in piedi il comparto militare italiano”.
D’altronde il budget che l’Italia destina al comparto militare è tra i più alti al mondo, l’undicesimo se si tiene conto dell’incidenza che questa ha sul PIL. Molto più di Paesi come il Canada e delle più vicine Germania e Spagna.
Secondo il Milex, infatti, in Italia il comparto militare non è adeguato a quelle che sono realmente le esigenze strategiche ed operative; si tratta infatti di uno strumento sovradimensionato che paradossalmente può resistere solamente grazie alle missioni all’estero e ai fondi che il MEF stanzia per l’organizzazione delle stesse. È grazie a queste risorse infatti che è possibile procedere con la manutenzione dei mezzi e con l’addestramento del personale militare.
Una situazione che – come ai tempi dichiarava Dwight Eisenhower (capo delle truppe statunitensi durante la Seconda Guerra Mondiale – potrebbe influenzare e non poco le scelte economiche e politiche di un Paese. Avere un “complesso militare industriale”, infatti, influenza necessariamente le scelte di politica internazionale e quanto sta succedendo in Italia sembra confermarlo.
Cinque nuove missioni internazionali nel 2018
Quest’anno le truppe militari italiane saranno impegnate in cinque nuove missioni internazionali, tra le quali appunto spicca quella in Niger.
L’obiettivo – nonostante le smentite di sorta – sembra essere chiaro: l’Italia non vuole rinunciare alla sua posizione di vantaggio sul Mar Mediterraneo. E in quest’ottica si spiega l’ultima missione autorizzata in Niger, la quale tra l’altro ha ottenuto il via libera nonostante le Camere fossero state sciolte.
La situazione in Niger d’altronde non è delle migliori; i gruppi terroristici del Boko Haram (oltre a tutti gli altri gruppi affiliati di Al Qaeda) ne fanno da padroni e per questo è necessario supportare le autorità nigerine affinché queste possano mantenere il controllo della zona, punto centrale dell’area del G5 Sahel (il coordinamento regionale di cui fanno parte, oltre il Niger, Paesi come la Mauritania, il Mali, il Burkina Faso, ed il Ciad).
L’obiettivo dell’Italia è quello di prendere il controllo della gestione delle guardie di frontiera di Agadez, città molto importante per il traffico dei migranti verso la Libia; tuttavia non è detto che questo sarà possibile dal momento che recentemente le autorità del Niger hanno dichiarato di non essere favorevoli all’intervento militare italiano.
D’altronde il Niger negli ultimi anni diventa sempre più militarizzato vista la presenza di basi militari statunitensi e tedesche, senza dimenticare la Francia che qui possiede degli importanti giacimenti di uranio. E c’è chi crede che dietro al rifiuto del Niger nei confronti della missione italiana – che comunque si farà grazie all’intervento di Minniti – si nascondano proprio i francesi.
Ci sarà poi una missione internazionale in Libia con l’obiettivo di assistere il Governo di Accordo nazionale libico nello svolgimento di una serie di compiti e soprattutto di formare una Guardia costiera libica con lo scopo di limitare il più possibile l’immigrazione clandestina; inoltre, da gennaio 2018 l’Italia partecipa alla missione Nato Minurso che ha come obiettivo quello di supportare il processo di pace in atto nel Sahara Occidentale.
Le anomalie delle missioni internazionali italiane
Il problema è che le missioni internazionali italiane presentano diverse anomalie. La prima, già ampiamente anticipata, riguarda l’autorizzazione della missione in Niger avvenuta a Camere sciolte e nel mancato rispetto della legge n°146/2016.
Quest’ultima infatti stabilisce che il Parlamento abbia un ruolo centrale nell’approvazione delle missioni internazionali, dal momento che alle Camere si deve discutere di ogni singolo intervento con la possibilità di rivedere sia il budget previsto che gli armamenti utilizzati; cosa che per colpa della fretta con la quale è stata autorizzata non è avvenuta per la missione in Niger.
C’è un altro aspetto sottolineato da The Vision: è curioso infatti che le spese militari italiani negli ultimi anni siano sempre più a carico di due ministeri che con le Forze Armate c’entrano poco o nulla. Non è il Ministero della Difesa ad occuparsene, bensì quello dell’Economia (1,2 miliardi per le spese all’estero) e quello dello Sviluppo Economico (3,5 miliardi di euro per l’acquisto di nuovi armamenti).